Fare spazio in casa per vivere meglio 1

Fare spazio in casa per vivere meglio/1

“Fare spazio in casa per vivere meglio” è il titolo di una “chiacchierata” che ho fatto qualche tempo fa con Diara Diallo per il suo podcast Regine di Denari. Abbiamo parlato di minimalismo, decluttering, e della mia esperienza personale e professionale.

Penso che le risposte alle belle domande di Diara (che troverai indicata come D.) possano esserti utili per approfondire questi temi, e anche per conoscermi meglio! Le ho divise in due puntate, ma se vuoi ascoltare il podcast, lo trovi qui.

 

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Fare spazio in casa per vivere meglio – Podcast Regine di Denari

 

D. La mia ospite di oggi è Silvia Petiti, un’architetto che insegna alle persone a fare spazio in casa per vivere meglio. Ho voluto parlare con Silvia perché a volte la nostra casa diventa un ostacolo alla nostra vita. Da un punto di vista pratico avere troppe cose significa spendere troppo e dover utilizzare più tempo ed energie per pulire, sistemare e organizzare.

Essere minimalisti ci permette quindi di ottimizzare energie, tempo e denaro. Da un punto di vista spirituale, creare spazio aiuta a vedere chiaramente cosa è essenziale e cosa no, e permette di fare spazio a quello che desideriamo.

In questa intervista, Silvia ci spiegherà come avere una casa che ci piace e i vantaggi di tenere solo le cose essenziali per noi.

 

D. Silvia, sono molto contenta di parlare con te oggi, perché affronteremo un tema che nei paesi anglosassoni è molto sentito, e in Italia sta iniziando a prendere piede da quando è stato pubblicato il libro di Marie Kondo. Parliamo di minimalismo e decluttering. La prima cosa che voglio chiederti è: come ti sei avvicinata a questi temi?

 

S. Ciao Diara, iniziamo dicendo che seguo il tema da vent’anni, dall’inizio degli anni 2000, quando ho iniziato a farmi una famiglia: ho avuto mia figlia, e ho iniziato a vedere la casa che si riempiva di cose e a non sapere più cosa avevo negli armadi.

La cosa mi dava molto fastidio, anche perché mi ritrovavo a riacquistare cose che non mi ricordavo di avere. Andavo in vacanza e vedevo quanto era bello partire con una piccola valigia per una o due settimane, senza aver bisogno di altro. Tornando da queste vacanze mi dicevo: sarà possibile avere l’effetto “casa vacanza” anche in casa, selezionando con cura quello che abbiamo? Avere di meno, avere spazio , avere aria che circola negli armadi… mi piaceva l’idea dell’”effetto vacanza” da vivere tutti giorni.

A quel punto ho iniziato a leggere libri e seguire blog: alcuni esistono ancora, e ora li presento sul mio blog, li traduco, ne parlo, per portare anche in Italia questa filosofia che si è iniziata a conoscere dopo il super successo di Marie Kondo, ma c’era già prima… ed è poi legata al problema dei nostri acquisti impulsivi, inconsapevoli e al benessere: si può proprio considerare una “malattia del benessere”. Volevo iniziare a parlare di questo problema e migliorare, oltre alla mia, anche la vita di altri.

 

D. Visto che è un tema che in Italia non è familiare a tutti, facciamo un passo indietro e diamo una definizione di minimalismo e decluttering: cosa sono per te?

 

S. Il minimalismo viene sempre accostato alla frase di Mies Van Der Rohe, “less is more”, “il meno è più”, che poi è stata girata in mille modi: “vivi di più con meno”, ecc.

Una definizione che mi piace, forse la mia preferita è: “minimalismo non vuol dire che non devi possedere nulla, ma che nulla deve possedere te”.

Scegliere che cosa avere, di cosa circondarti ti migliora la vita. Intanto impari a conoscerti, impari a sapere quello che ti piace davvero, quello che non sopporti, e la cosa che mi affascina di più non è solo avere uno spazio “bello” esteticamente – e comunque lo ottieni perché svuotandolo di cumuli di cose lo spazio migliora sempre, apri l’armadio e sei soddisfatto… – soprattutto impari a conoscerti: inizi a sapere che certe persone non le sopporti, che certi lavori non li vuoi fare… diventa un lavoro molto più profondo.

Il discorso non è quello di concentrarsi sul “buttare”: tra l’altro “buttare” è una parola orribile, perché in tempi di emergenze ambientali è bene allontanare le cose da casa tua, ma se possibile dando una seconda vita a tutto: regalare, vendere… è importante anche il percorso di eliminazione. Ti concentri invece su cosa vuoi tenere, cosa ami, cosa ti piace e cosa vuoi che occupi la tua vita tutti i giorni. 

Lo dice anche Marie Kondo: e cito la Kondo perché è la più conosciuta. È facile citarla per gli aspetti più curiosi del suo libro, che tra l’altro hanno un motivo per la cultura giapponese. Soprattutto però, il metodo della Kondo parte dallo scegliere la vita che vuoi fare, quindi la classica domanda: “che cosa ti porta gioia?”, quella che ti devi porre quando fai la tua scelta, vuol dire scegliere in base a quello che ti piace: non pensare “devo togliere” ma “cosa voglio tenere? Cosa mi piace, cosa amo, cosa mi dà gioia?”

E quindi non è una privazione ma una scelta consapevole e ti rende più forte.

 

D. Parliamo di decluttering: perché non usiamo una parola italiana?

 

S. Sarebbe bello avere una parola in italiano con il significato preciso di “decluttering”, ma non c’è.

Decluttering è collegato alla parola “clutter”, che possiamo tradurre come “ciarpame, roba da buttare, superfluo”. Mi piace ricordare che “clutter” deriva da “clot” che vuol dire “coagulo”, quindi ha un significato di intoppo della circolazione. Se facciamo riferimento al Feng Shui, ad intopparsi è l’energia che circola in uno spazio.

Il Feng Shui parla di energia Yin e Yang, e il clutter è un’energia Yin, pesante, vischiosa, e ce ne accorgiamo anche quando ci avviciniamo alle cose che sono lì da un po’: sono polverose, ci danno fastidio, non sappiamo neanche come prenderle, come iniziare ad affrontarle. È un’energia pesante, e e rimuoverla ci dà un senso di liberazione.

Il decluttering quindi è l’eliminazione del clutter, del superfluo.

L’effetto del clutter è psicologico: quando abbiamo una casa piena di cose inutili, nascoste o in vista, abbiamo un effetto interiore di irritazione, fastidio, nervosismo, e anche effetti sociali: non vogliamo invitare le persone, non vogliamo che vedano in che condizioni è la nostra casa. Si crea un circolo vizioso che porta all’abbassamento dell’autostima, perché ci sentiamo deboli, incapaci di prenderci cura delle nostre cose, e allo stesso tempo le usiamo per crearci una corazza. Se non si interviene, la situazione può peggiorare. Ci sono poi i casi patologici, quelli che vediamo nelle trasmissioni tipo “Sepolti in casa”, e lì è richiesto un aiuto psicologico. In condizioni normali possiamo fare da soli o con un “aiutino” professionale e trasformare questo circuito vizioso svuotando gli spazi e ottenendo benefici psicologici e nella vita di tutti i giorni.

 

D. Parlando di psicologia e di “caratteri”: tendenzialmente c’è chi è più ordinato e/o organizzato e chi è più creativo, e ci sono ambiti in cui possiamo essere ordinati, altri no… 

 

Fine della prima puntata. Troverai la seconda parte dell’intervista la prossima settimana. Ti aspetto!

 

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Foto: Minh Fahm via Unsplash ❤️

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